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L’ARTE
FUORI DI SE’
L’arte è fuori di sé perché
sta vivendo una crisi d’identità senza precedenti,
ingabbiata in un sistema autoreferenziale da e per addetti e
lavori, pilotato più da logiche di mercato e di immagine che
da una sincera ispirazione, lontano dal vissuto e dalle
sensibilità reali della gente. L’arte è fuori di sé perché
sono esplosi tutti i codici e i confini, il pubblico e gli
stessi studiosi non sono più in grado di valutare che cosa
sia arte e cosa non lo sia, molti la confondono con la
pubblicità, con il design, con la comunicazione.
Ma l’arte è fuori di sé
soprattutto perché la rivoluzione informatica di fine
Novecento ha prodotto una trasformazione antropologica dei
comportamenti e delle relazioni sociali, che incide
profondamente sull’arte e sul ruolo dell’artista. L’arte che
esce da sé, in senso positivo, può svolgere una funzione
simbolica di antidoto alle patologie alienanti e
massificanti dell’età posttecnologica, spostando il suo
baricentro da una creazione individuale a una creazione
collettiva, dall’opera compiuta al processo aperto, dalla
centralità dell’artista “genio” a una centralità dello
spettatore, con una circuitazione totalmente diversa,
gratuita e molto più partecipata degli eventi artistici.
La tecnologia ha mutato l’uomo
e il suo mondo, facendo emergere nuove contraddizioni
sociali ed etiche. Mentre il “sistema dell’arte
contemporanea” resta chiuso su se stesso, molte pratiche
artistiche che utilizzano le tecnologie e i new media stanno
rivoluzionando il fare e il ruolo dell’artista.
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